domenica 16 dicembre 2018

Elisa contro lo spreco alimentare

L'altro giorno ero al supermercato a fare la spesa e ho trovato sugli scaffali un prodotto già scaduto. La data di scadenza era luglio 2018 e trattandosi di un farinaceo confezionato non ho avuto dubbi sulla commestibilità e bontà del prodotto. (Dedicherò un post al tema delle date di scadenza ma intanto potete leggere qualcosa qui). 
Ho chiesto a un commesso se potevo acquistarlo a metà prezzo e mi è stato risposto che per regole aziendali nessun prodotto può uscire dal negozio ad un prezzo inferiore a quello di vendita. Non mi sono trattenuta e l'ho incalzato chiedendo se l'avrebbe buttato via (ovviamente conosco la risposta), e lui, visibilmente imbarazzato, si giustificava dicendo che non prende le decisioni ma rispetta solo le consegne ecc. ecc. 

L'ho fatto riflettere sull'idiozia, per me inaccettabile, del gettare un prodotto nella spazzatura piuttosto che venderlo a metà prezzo!!! Naturalmente non dipenderà (solo) da lui la scelta, ma io sono contenta di aver piantato un semino di consapevolezza.
 

Ed è anche per questo che sto aiutando Refood a prendere piede nella nostra città. Refood è un movimento di volontariato (al 100%) che recupera gli avanzi di cibo per donarli a chi ne ha bisogno. Il cibo è troppo prezioso per essere sprecato! Possiamo fare tanto per salvare il cibo: comprare meno, pianificare meglio, imparare a cucinare senza sprecare, regalarlo a qualcuno che ne ha bisogno, diventare volontari di un'associazione, ma vanno bene anche parrocchie, gruppi autonomi o tu, a piedi, con il tuo baracchino, che vai a offrire un pasto caldo a uno dei barboni dei portici.
Se anche solo una foglia di cavolo viene risparmiata alla spazzatura, hai già fatto tanto! Qualsiasi sforzo è utile.

Ah! Refood Torino cerca volontari... Venghino signori, venghino!






domenica 25 novembre 2018

Torino contro lo spreco alimentare

Porta Palazzo è il più grande mercato a cielo aperto d'Europa. Odori e colori sulle bancarelle e tra la gente, caos, voci e rumori, traffico di auto e di borse della spesa, prodotti di ogni tipo: è un'esperienza indimenticabile! Ma come in tutti i mercati, a metà giornata la piazza è invasa da una montagna di rifiuti.
La città di Torino ha implementato due idee per limitare questo problema. Da un lato la fornitura di cestini privati, grazie anche alla collaborazione con Novamont, agli ambulanti, per un più facile conferimento dell'umido. Dall'altra la distribuzione gratuita di frutta e verdura invenduti a famiglie bisognose: a fine mercato un gruppo di richiedenti asilo (perlopiù africani) si occupa di raccogliere e distribuire questa merce, un circolo virtuoso di mutuo soccorso, integrazione e lotta allo spreco alimentare.
A questo link potete vedere il video della bellissima iniziativa.


Immagine da "Eco dalle Città"

Insomma Porta Palazzo, cuore pulsante della città e della sostenibilità sociale e alimentare!



venerdì 2 novembre 2018

12 anni per fermare il disastro

Ultimamente gira online un articolo (per la verità diversi articoli, ma la fonte è sempre la stessa) che ci mette in guardia: mancano solo 12 anni prima che gli effetti del riscaldamento globale diventino irreversibili e la temperatura del pianeta si alzi di 1,5 gradi.
Leggendolo sono rimasta scioccata, 12 anni volano in un soffio, è un po' come guardare con occhi dolci tuo figlio appena nato e ritrovarsi, un attimo dopo, a comprargli un cellulare. Non ti accorgi neanche degli anni che sono passati. Possibile che in così poco tempo potremmo andare incontro al disastro? 
La buona notizia è che possiamo fare qualcosa. 12 anni sono abbastanza per mettere in atto, poco per volta, piccoli grandi cambiamenti nella nostra vita, accorgimenti che ci permettono di non modificare troppo il nostro stile di vita, ma di salvare un ecosistema. 
Non mi stancherò mai di ripetere che come consumatori abbiamo un potere enorme, quello di condizionare le scelte dei produttori: se nessuno (o almeno se la maggior parte di noi sceglie di non farlo) compra più prodotti usa e getta in plastica, le grandi aziende saranno obbligate a cambiare direzione a produrre qualcosa di nuovo; se decidiamo di non acquistare prodotti confezionati con imballaggi enormi, prima o poi i produttori dovranno adeguarsi.
Il riciclaggio funziona ma fino a un certo punto, laddove possibile va prediletto il lavabile rispetto al riciclabile o addirittura comprare sfuso. (E non iniziamo con la scusa che non ci sono abbastanza negozi o negozianti leggeri, ormai le opzioni sono numerose e sono ben disponibile a darvi consigli in merito). D'altronde il miglior rifiuto è quello non prodotto.
E poi limitare l'uso dell'automobile, limitare l'acquisto di carne, comprare locale, opporsi alle grandi opere inutili e alla cementificazione indiscriminata, che poi, combinata ai cambiamenti climatici, ha gli effetti devastanti che vediamo proprio in questi giorni (alluvioni, frane, crolli ecc.).

E quando i nostri figli tra 12 anni ci chiederanno: “Papà, mamma, voi cosa avete fatto, per fermare i riscaldamenti climatici? Avete smesso di comprare la carne di allevamento industriale? Avete mangiato cibo locale? Avete camminato e pedalato piuttosto che usare l’auto? Avete scelto di non cementificare la terra fertile? Avete optato per energia pulita, avete rifiutato la plastica usa e getta?”, noi allora diremo loro: “No, figlio mio, non abbiamo voluto privarvi di nessuna comodità“.
Linda Maggiori, blogger del Fatto Quotidiano.

Personalmente, tra 12 anni, spero di guardare in faccia mia figlia e dirle: "Amo questo pianeta e ho fatto tutto il possibile per salvarlo". E spero che lei deciderà di impegnarsi a fare lo stesso.



martedì 16 ottobre 2018

L'Italia volta le spalle al riscaldamento globale

Ho trovato questo articolo inquietante: il report dell’Ipcc, il Panel Intergovernamentale sui Cambiamenti Climatici, parla chiaro. Abbiamo pochissimi anni per evitare un disastro globale.

Ma all'Italia non interessa granché...

Nel 2015 è stata stabilita la soglia massima del riscaldamento medio del pianeta a 2°C, con l’impegno da parte di quasi 200 paesi, ad abbassare tale obiettivo a 1,5°C.
L'aumento della temperatura, della terra, così del corpo umano, comporta conseguenze catastrofiche: si pensi ad esempio a quando si ha la febbre a 39° rispetto a una temperatura media di 36,8-37°, con la differenza che nell'uomo questa temperatura tornerà poi a livelli normali, mentre per il pianeta non ci sono possibilità di ritorno. Una volta raggiunta quella soglia la situazione sarà probabilmente irreversibile.

nasa.org

Ma tutto questo in Italia non fa notizia, i governi non intervengono, i giornali non ne parlano, qualche gruppo ambientalista si promuove sui social network. Ma come cittadini abbiamo un potere enorme: possiamo scegliere cosa acquistare e dove per condizionare i produttori, possiamo scegliere se e quanti rifiuti produrre, possiamo limitare alcuni comportamenti come l'utilizzo dell'automobile, possiamo diffondere buone abitudini.
Il contributo di ogni singolo individuo conta. E avrà un effetto sulle generazioni future.


Grazie a @emanuelebompan per le sue parole!






martedì 25 settembre 2018

"Noi siamo il risultato di quello che facciamo continuativamente. Perciò ogni grande impresa è compiuta non da un atto ma da abitudini" (Aristotele).


Non sono (solo) le grandi azioni a cambiare il mondo, ma i nostri piccoli gesti quotidiani.

Fonte: utilidad.com



giovedì 6 settembre 2018

Attenti al lupo!... E ai media!



Squali e lupi fanno meno morti dell'inquinamento, ma più paura.
Perché la comunicazione mediatica, negli anni, ci ha convinto che è così. E ha deciso di tralasciare problemi (reali) troppo scottanti da gestire.
Quindi, eccoci qui, a raccontare favole di lupi ferocissimi e a storcere il naso di fronte alla raccolta differenziata.

Qui sotto trovate un articolo appassionato di Rolando Cervi. Spero che la sua lettura vi ispiri tanto quanto me.


La paura del lupo e la guerra che stiamo perdendo
di envi.info · 23 aprile 2018

La seconda guerra mondiale ha portato via circa 470 mila italiani, poco più di 90mila per anno di conflitto. Lo stesso numero di vittime mietuto in Italia dall’inquinamento. Di diverso ordine di grandezza, ma pur sempre impressionanti, i circa 3200 morti l’anno per incidenti stradali. Eppure, quando queste cifre spaventose vengono pubblicate, ben difficilmente sono tra le news più lette dei siti di informazione o tra i trending topics dei social media. Sono notizie che non riempiono i giornali, non animano i talk show, non scatenano interrogazioni parlamentari. Sembra proprio che non turbino il sonno dei cittadini, né della classe dirigente che se ne dovrebbe fare carico, come se questo enorme costo umano, sociale ed economico, fosse un tributo inevitabile da sacrificare ai totem del progresso e della crescita del PIL.

Per contro, ci sono fenomeni che, a fronte di una pericolosità piuttosto bassa, in qualche caso prossima allo zero, suscitano allarme sociale, eco mediatica e speculazioni politiche davvero sorprendenti. Gli esempi sono molti, in ogni ambito della nostra vita, ma qui ci concentreremo sull’aspetto della convivenza con gli elementi naturali.



A metà degli anni ’70 Steven Spielberg ha inventato un filone cinematografico con “lo squalo”, stampando come killer nel nostro immaginario una specie che, in tutto il pianeta, causa mediamente meno di dieci morti l’anno. Tornando in Italia, è stato recentemente promosso dalle pagine dei libri di fiabe a quelle dei giornali il lupo, un predatore ferocissimo di cui non è documentato un solo attacco all’uomo negli ultimi 200 anni. Eppure, sull’opportunità di ammazzare a fucilate una parte degli esemplari presenti in Italia, l’opinione pubblica si divide, la politica specula senza vergogna, la stampa spara titoloni sensazionalistici.

Su alcuni aspetti della nostra quotidianità ci comportiamo come una società molto laica e razionale: abbiamo ben presente che le attività umane comportano dei rischi, e che questi possono e devono essere ridotti, ma che è non è realistico pensare di portarli a zero. Su altri, tra cui la convivenza con la natura, siamo preda di un autentico delirio securitario, che ci spinge a reagire istericamente alla sola ipotesi di un possibile danno.

Ci siamo illusi che la scienza e la tecnologia, la cui evoluzione negli ultimi due secoli è stata davvero formidabile, abbiano messo definitivamente la museruola al resto del creato, sterilizzandolo e mettendolo al nostro servizio, per essere depredato delle sue risorse senza bisogno di farsi troppe domande. Invece la drammatica emergenza ambientale e climatica che stiamo vivendo ci chiama ad una nuova quanto antica consapevolezza: siamo parte di questo pianeta, al quale apparteniamo al pari delle altre forme di vita che lo abitano, e l’unico modo che abbiamo di garantire la perpetuazione della nostra specie è quello di ricreare un minimo di armonia ed equilibrio. Non perché è giusto, ma perché è semplicemente l’unica opzione che abbiamo.

Rolando Cervi