mercoledì 19 agosto 2020

Nel mio ultimo post ho tradotto un articolo del IPBES, consigliato da Luca Mercalli. L'IPBES, "Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services", è un'organizzazione intergovernativa che favorisce la relazione tra scienza e politica per quanto riguarda la biodiversità e i servizi ecosistemici. Come specificato sul sito si pone l'obiettivo di conservare e sfruttare in modo sostenibile la biodiversità, il benessere umano a lungo termine e lo sviluppo sostenibile ("for the conservation and sustainable use of biodiversity, long-term human well-being and sustainable development"). 

Ho dunque considerato la possibilità di tradurre altri articoli (o almeno le parti più interessanti) di questo ente e di pubblicarli qui per la curiosità di tutti, poiché trovo che possano portare un valore aggiunto.




domenica 16 agosto 2020

IPBES Expert Guest Article

Traduzione dell'articolo originale "IPBES Guest Article: COVID-19 Stimulus Measures Must Save Lives, Protect Livelihoods, and Safeguard Nature to Reduce the Risk of Future Pandemics"


Le misure di stimolo per il COVID-19 devono salvare vite, proteggere i mezzi di sussistenza e salvaguardare la natura per ridurre il rischio di future pandemie

IPBES Expert Guest Article a cura dei Professori Josef Settele, Sandra Díaz e Eduardo Brondizio [1] e Dr. Peter Daszak [2], del 27 April 2020

C'è una sola specie responsabile della pandemia di COVID-19: noi. Come per le crisi climatiche e della biodiversità, le recenti pandemie sono una conseguenza diretta dell'attività umana, in particolare i nostri sistemi finanziari ed economici globali, basati su un paradigma limitato che premia la crescita economica ad ogni costo. Nel superare le sfide della crisi attuale, abbiamo una piccola finestra di opportunità, per evitare di gettare i semi di quelle future.

Malattie come il COVID-19 sono causate da microrganismi che infettano il nostro corpo – oltre il 70% di tutte le patologie emergenti che colpiscono gli umani hanno avuto origine dalla fauna selvatica e dagli animali domestici. Le pandemie, tuttavia, sono causate da attività che mettono in contatto diretto un numero crescente di persone e spesso entrano in conflitto con gli animali portatori di questi agenti patogeni.

La deforestazione dilagante, l'espansione incontrollata dell'agricoltura, le coltivazioni intensive, l'estrazione mineraria e lo sviluppo delle infrastrutture, nonché lo sfruttamento delle specie selvatiche, hanno creato una “tempesta perfetta” per la diffusione di malattie dalla fauna selvatica alle persone. Ciò si verifica spesso nelle aree in cui vivono le comunità più vulnerabili alle malattie infettive.

Le nostre azioni hanno avuto un impatto significativo su più di tre quarti della superficie terrestre, distrutto oltre l'85% delle zone umide e dedicato più di un terzo di tutta la terra e quasi il 75% dell'acqua dolce disponibile ai raccolti e alla produzione di bestiame.

Si aggiunga a questo il commercio non regolamentato di animali selvatici e la crescita esplosiva dei viaggi aerei globali, e diventa chiaro come un virus che una volta circolava in modo innocuo tra una specie di pipistrelli nel sud-est asiatico ha ora infettato quasi 3 milioni di persone, portato indicibili sofferenze umane e fermato economie e società in tutto il mondo. Questa è la mano umana nell'emergere di una pandemia.

Eppure questo potrebbe essere solo l'inizio. Sebbene le malattie da animale a uomo già causino circa 700.000 decessi ogni anno, il potenziale di future pandemie è vasto. Si ritiene che fino a 1,7 milioni di virus non identificati che potrebbero infettare le persone, esistano ancora nei mammiferi e negli uccelli acquatici. Ognuna di queste potrebbe essere la prossima “Malattia X”, potenzialmente ancora più distruttiva e letale del COVID-19.

È probabile che le future pandemie si verifichino più frequentemente, si diffondano più rapidamente, abbiano un maggiore impatto economico e uccidano più persone se non siamo estremamente attenti ai possibili impatti delle scelte che facciamo oggi.

Nell’immediato dobbiamo garantire che le azioni intraprese per ridurre gli impatti dell'attuale pandemia non stiano amplificando di per sé i rischi di future epidemie e crisi. Ci sono tre importanti considerazioni che dovrebbero essere centrali per la ripresa multimiliardaria e i piani di stimolo economico già in corso di attuazione.

In primo luogo, dobbiamo garantire il rafforzamento e l'applicazione delle normative ambientali – e implementare solo pacchetti di stimolo che offrano incentivi per attività più sostenibili e positive per la natura. Potrebbe essere politicamente vantaggioso, in questo momento, allentare gli standard ambientali e sostenere industrie come l'agricoltura intensiva, i trasporti di lunga distanza come le compagnie aeree e i settori energetici dipendenti dai combustibili fossili, ma farlo senza richiedere cambiamenti urgenti e fondamentali, essenzialmente sovvenziona l'emergere di future pandemie.

In secondo luogo, dovremmo adottare un approccio “One Health” a tutti i livelli del processo decisionale – dal globale al più locale – riconoscendo le complesse interconnessioni tra la salute delle persone, degli animali, delle piante e l’ambiente condiviso. I dipartimenti forestali, ad esempio, stabiliscono di solito politiche relative alla deforestazione e i profitti vanno in gran parte al settore privato, ma sono i sistemi sanitari pubblici e le comunità locali che spesso pagano il prezzo dei focolai delle malattie che ne derivano. Un approccio “One Health” garantirebbe che vengano prese decisioni migliori che tengono conto dei costi e delle conseguenze a lungo termine delle azioni di sviluppo, per le persone e la natura.

Terzo, dobbiamo finanziare e fornire risorse adeguate ai sistemi sanitari e incentivare un cambiamento comportamentale nelle prime linee del rischio pandemico. Ciò significa mobilitare finanziamenti internazionali per costruire capacità sanitarie nei punti critici delle malattie emergenti, come le cliniche; programmi di sorveglianza, specialmente in collaborazione con le popolazioni indigene e le comunità locali; indagini sul rischio comportamentale; e programmi di intervento specifici. Questo implica anche l'offerta di alternative praticabili e sostenibili alle attività economiche ad alto rischio e la protezione della salute dei più vulnerabili. Non è semplice altruismo: è un investimento vitale nell'interesse di tutti per prevenire future epidemie globali.

Forse la cosa più importante, abbiamo bisogno di un cambiamento trasformativo, quello evidenziato lo scorso anno nel rapporto di valutazione globale IPBES (che ha rilevato che un milione di specie di piante e animali sono a rischio di estinzione nei prossimi decenni): fondamentale riorganizzazione a livello sistemico attraverso fattori economici, tecnologici e sociali, inclusi paradigmi, obiettivi e valori, promozione delle responsabilità sociali e ambientali in tutti i settori. Per quanto scoraggiante e costoso possa sembrare, impallidisce in confronto al prezzo che stiamo già pagando.

Rispondere alla crisi del COVID-19 richiede a tutti noi di confrontarci con gli interessi acquisiti che si oppongono al cambiamento trasformativo e di porre fine al “business as usual”. Possiamo ricostruire meglio ed uscire dalla crisi attuale più forti e più resilienti che mai, ma farlo significa scegliere politiche e azioni che proteggano la natura, in modo che la natura possa aiutarci a proteggerci.

 

Richieste e interviste: media@ipbes.net

 

Nota: l’articolo di cui sopra non è una produzione ufficiale dell’IPBES, ma dei quattro autori che sono i principali esperti globali a pieno titolo, che si basano sui risultati dei rapporti di valutazione IPBES approvati. Sono attualmente in corso tre valutazioni IPBES con rilevanza diretta per l’attuale crisi e le future pandemie: una valutazione sull’uso sostenibile delle specie selvatiche; un altro sulle specie aliene invasive e uno sui diversi modi di intendere i valori plurali della natura. È anche iniziato da poco un lavoro per definire una nuova nexus assessment IPBES sulle interconnessioni tra biodiversità, acqua, cibo e salute nel contesto del cambiamento climatico.

 

[1] Copresidenti del Rapporto di valutazione globale IPBES 2019 sulla biodiversità e i servizi di ecosistema, che hanno rilevato, tra l'altro, che 1 milione di specie di piante e animali sono a rischio di estinzione entro qualche decennio.

 

[2] Presidente di EcoHealth Alliance ed esperto per la nuova nexus assessment IPBES sui legami tra biodiversità, salute e cibo.